Ci vediamo a Okinawa – Nove cose da sapere (che non troverai in quarta di copertina)

Ci vediamo a Okinawa – 9 curiosità dal dietro le quinte

Ho iniziato a scrivere Ci vediamo a Okinawa nel 2021. Poi l’ho abbandonato.

Nel frattempo ho scritto altro, compreso quel romance frizzante che uscirà con AltreVoci a ottobre 2025.  Ma anche mentre ero immersa in nuove trame, la mente continuava a tornare lì.

Era come se i personaggi mi aspettassero. Li immaginavo seduti su un divano, in paziente attesa, senza fretta. Con quell’espressione un po’ ironica, un po’ stanca, che ti dice: quando hai finito con tutto il resto, noi siamo ancora qui.

E così, quando sono tornata, loro c’erano davvero. E il romanzo ha ripreso a respirare.

Ecco nove curiosità che forse non conosci. Alcune sono divertenti, altre un po’ scomode, altre ancora parlano di cose che… stanno per arrivare.

1. Il titolo originale era Un motivo per restare

È rimasto così per mesi, fino a quando ho capito che quella frase doveva rimanere nella storia, ma non in copertina. Il titolo giusto è arrivato più tardi, quasi per caso. E quando è arrivato, non l’ho più messo in discussione.

2. La copertina provvisoria era un quadro che compare nel romanzo

Quando scrivevo, usavo come copertina del file un’immagine specifica: un quadro. Non era messo a caso. Appare nel libro. Se vuoi, prova a trovarlo.

3. Colton si chiamava Coleman, suo fratello si chiamava Adam

All’inizio erano Coleman e Adam. Nominalmente funzionavano, ma avevano meno anima. A un certo punto li ho guardati in faccia (metaforicamente) e ho capito che dovevano chiamarsi in un altro modo. Da lì, tutto è cambiato.

4. Allison era più giovane

Nella prima versione aveva qualche anno in meno. Ma la sua maturità emotiva strideva. Alcune scelte che prende sembravano forzate, troppo grandi per la sua età. Così le ho fatto spazio. Le ho dato più tempo, e più anni. E la storia ne ha guadagnato.

5. La madre di Allison è ispirata a Emily Gilmore

L’inimitabile Emily di Una mamma per amica. Quel tipo di donna che ami solo se capisci che è cresciuta con regole rigide e mai messa davvero al centro da nessuno. Tagliente, apparentemente fredda, ma profondamente coerente con se stessa.

6. Esiste una playlist su Spotify

Si chiama ARTS (A Reason To Stay), ed è piena di canzoni di Ariana Grande, ma non solo. È la playlist che ascoltavo in fase di scrittura, e in qualche modo racconta il ritmo emotivo del romanzo meglio di tante parole.

Ci vediamo a Okinawa – Nove cose da sapere (che non troverai in quarta di copertina)

7. Il finale doveva essere tragico

Molto tragico. Avevo progettato un finale che lasciava macerie. Poi, scrivendo, ho capito che volevo altro: volevo che i personaggi facessero i conti con ciò che avevano perso, sì, ma anche che scegliessero, con fatica, di ricominciare. Non era giusto punirli solo perché avevano sofferto.

8. La scena che mi ha lasciata zitta per un bel po’

Non sono una che piange scrivendo. Ma c’è una scena, molto semplice, in cui Allison osserva un oggetto e tace. Nient’altro. È lì che ho capito che era cambiata. Non mi sono commossa. Mi sono fermata. E tanto basta.

9. Non è solo una storia d’amore

Se lo fosse, l’avrei finita molto prima. È una storia sull’orgoglio, sulla perdita, sull’idea che essere felici non sia una ricompensa, ma una scelta da rinnovare ogni giorno. Soprattutto quando sembra impossibile.

Hai già letto il libro?

Dimmi quante ne avevi indovinate. Oppure no. A me bastava raccontartele.

Puoi trovarlo qui.

La mia playlist invece è qui.

 

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